Dieci anni dopo la Conferenza Onu su ambiente e sviluppo, tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992, le Nazioni Unite decisero di convocare un nuovo vertice mondiale per fare il punto sulla situazione relativa alla protezione ambientale e allo sviluppo sostenibile. Dal 26 agosto al 4 settembre 2002 a Johannesburg, in Sud Africa, si svolse il Summit Mondiale sullo sviluppo sostenibile che vide tra i suoi protagonisti principali Capi di Stato e di Governo, delegazioni nazionali, leader delle maggiori OI ed ONG.
Lo scopo principale dell’evento era quello di verificare se e come quanto deciso nel corso dell’UNCED del 1992 si stesse portando a compimento, con specifico riferimento all’attuazione dell’Agenda 21, il piano d’azione globale sullo sviluppo sostenibile adottato a Rio. Altri obiettivi consistevano nell’analizzare le nuove sfide del secolo e stabilire misure e strumenti concreti da mettere in moto in tempi precisi.
Analizzando la situazione mondiale prima dell’inizio del Vertice ci si rese conto che il degrado ecologico era peggiorato, la lotta alla povertà si stava rivelando poco efficace, la liberalizzazione commerciale degli anni ’90 sembrava aver influito negativamente sulla situazione ambientale e il divario e le divergenze tra i Paesi Industrializzati (orientati a stili di vita e di produzione fortemente consumistici) e i Paesi in Via di Sviluppo (non orientati al rispetto delle norme e delle politiche ambientali in quanto determinanti una crescita economica più lenta e onerosa) erano aumentati.
Alla luce del quadro riscontrato a 10 anni da quello che era stato il summit più importante a salvaguardia dell’ambiente mondiale e che doveva fornire i mezzi e le risposte per guidare il pianeta verso uno sviluppo sostenibile a qualsiasi livello politico, sociale ed economico, l’Onu rilevò un vero e proprio fallimento di risultati. E purtroppo Johannesburg non costituì a sua volta un punto di svolta.
Gli Stati adottarono una Dichiarazione sullo sviluppo sostenibile in 34 punti e 6 parti ma con scarso impatto giuridico, infatti non costituì la base per l’evoluzione di nuovi principi di condotta, e un Piano d’attuazione, un documento programmatico articolato in 10 capitoli e contenenti raccomandazioni in merito a temi quali: la conservazione delle risorse naturali, l’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici per i PVS, la povertà, il ricorso ad energie rinnovabili.
Le critiche verso il WSSD sono mosse dal fatto che non si introdussero novità e non si raggiunsero gli obiettivi previsti e in merito al Piano d’attuazione, che avrebbe dovuto fissare obiettivi concreti e scadenze temporali precise, si basa invece su comportamenti volontari e sulla promozione di intese piuttosto che su impegni ed azioni concrete.