La Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici e Il Protocollo di Kyoto

Una delle maggiori preoccupazioni comuni dell’umanità nonché una delle più difficili sfide che la Comunità Internazionale sta fronteggiando, sono i cambiamenti climatici. Questo fenomeno è causato dall’aumento del livello di emissioni nell’atmosfera di gas ad effetto serra (soprattutto anidride carbonica ma anche metano, protossido di azoto etc.), direttamente legati all’uso di combustibili fossili di cui ha disposto l’uomo negli ultimi secoli alterando così il livello naturale dell’effetto serra e provocando il surriscaldamento globale.

La risposta fornita a livello internazionale dai Governi è l’istituzione, nel 1988, del Comitato Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (Interngovernamental Panel on Climite Change, IPCC) incaricato di approfondire lo studio sul tema. Alla luce delle analisi condotte da tale organo, durante la Conferenza ONU su ambiente e sviluppo, tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992, venne adottata la Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change, UNFCCC), in vigore dal 21 marzo del 1994 e attualmente firmata da ben 192 Stati. L’obiettivo di tale Accordo, come stabilito al suo art. 2, è quello di “stabilizzare le concentrazioni nell’atmosfera dei gas ad effetto serra ad un livello tale da evitare pregiudizievoli interferenze con il sistema climatico”, nell’interesse delle generazioni presenti e future e nel rispetto di principi cardine del diritto internazionale.

La Convenzione stabilisce, per gli Stati aderenti, un doppio regime formulato sulla base della differenziazione degli impegni e delle capacità. Infatti, per i Paesi Industrializzati che contribuiscono maggiormente al peggioramento del fenomeno trattato, vige l’impegno di adottare politiche nazionali volte a diminuire le alterazioni climatiche, a ridurre l’emissione di gas nocivi nell’atmosfera, a proteggere le risorse, i processi e le attività che assorbono tali gas; per i Paesi in Via di Sviluppo (PVS), che registrano emissioni pro capite piuttosto basse, si applica l’obbligo di formulare politiche interne per mitigare i cambiamenti climatici e di cooperare al raggiungimento degli obiettivi disposti dalla Convenzione.

Secondo quanto stabilito dalla Convenzione nel 1992, gli Stati membri avrebbero dovuto mantenere fino al 2000 le emissioni di gas ad effetto serra ai livelli del 1990. Tale impegno, troppo generico, non avrebbe portato a risultati soddisfacenti nel lungo periodo. Nel 1997, nel corso della Conferenza di Kyoto (COP 3), venne adottato un protocollo attuativo con cui si fissarono impegni più stringenti e concreti per raggiungere lo scopo della UNFCCC: Il Protocollo di Kyoto sui cambiamenti climatici. Questo nuovo strumento giuridico impegna in maniera vincolante gli Stati sviluppati e le economie in transizione a contenere, stabilizzare e ridurre del 5% rispetto ai livelli del 1990 le emissioni di gas ad effetto serra nel periodo dal 2008 al 2012, con lo scopo di invertire la tendenza e diminuire complessivamente le emissioni a livello globale. Anche il Protocollo di Kyoto tiene conto del grado di sviluppo economico e della capacità inquinante di ciascuno Stato: per gli Stati membri dell’Unione Europea si stabilisce l’obiettivo complessivo di riduzione all’8%, per gli Stati Uniti al 7%, per il Giappone al 6%, mentre per molti altri Paesi si richiede la stabilizzazione e non la riduzione. Come risaputo gli Stati Uniti si rifiutarono di ratificare il Protocollo, scelta che ha reso molto meno efficace l’azione internazionale considerando che il colosso americano contribuisce con ben oltre il 35% delle emissioni di tutti gli Stati industrializzati elencati nell’Allegato I del trattato.

Inoltre, per aiutare il raggiungimento degli obiettivi ad un costo minore, sono stati elaborati tre meccanismi di flessibilità che prevedono il finanziamento di: progetti di tagli alle emissioni in altri paesi appartenenti allo stesso gruppo dello Stato agente (Joint Implementation), in Paesi in Via di Sviluppo (Clean Development Mechanism) e il trasferimento di unità di riduzione delle emissioni (Emission Trading Mechanism).

Il Protocollo, che richiedeva come condizione per la sua entrata in vigore la ratifica di un numero di Stati non inferiore a 55 e responsabili di almeno il 55% delle emissioni degli Stati industrializzati elencati nell’Allegati I, è entrato in vigore soltanto nel febbraio del 2005 dopo la ratifica della Russia, responsabile del 17,4% di emissioni di CO2. Purtroppo, ad oggi non possiamo parlare di un’inversione di tendenza del fenomeno significativa.

Nel dicembre del 2009 si è tenuta la Conferenza di Copenhagen sui cambiamenti climatici (COP15) che aveva lo scopo di elaborare un nuovo accordo a sostituzione del Protocolo di Kyoto, prossimo alla sua scadenza.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *