A Panama i colloqui preparatori della Conferenza di Durban

Sabato 1 ottobre, a Panama, alla presenza degli inviati da ogni parte del mondo, sin sono aperti i colloqui sul clima nel tentativo di contribuire a rompere l’impasse sui punti chiave prima di giungere alla Conferenza sui cambiamenti climatici che si terrà alla fine dell’anno a Durban.
L’ostacolo principale è il destino del Protocollo di Kyoto, l’accordo punto di riferimento, che prevede che i paesi ricchi riducano le emissioni di carbonio, causa del cambiamento climatico. I suoi obblighi scadranno alla fine del 2012 senza alcun nuovo trattato ancora in vista.

 I funzionari non si aspettano la comunicazione di una decisione vincolante durante la settimana di colloqui condotti dalle Nazioni Unite a Panama, ma la speranza che si gettino le basi per la conferenza di Durban, che si apre il 28 novembre e viene vista come un’ultima possibilità di prendere provvedimenti in merito al Protocollo di Kyoto.

L’Unione europea, il principale sostenitore del Protocollo di Kyoto, ha proposto un nuovo ciclo di impegni in base al trattato. Le economie emergenti come la Cina – che è attualmente il più grande emettitore di emissioni e non ha obblighi ai sensi di Kyoto – ha accolto l’idea favorevolmente. Ma nessun’altra delle grandi economie che potrebbero essere colpite dagli effetti di un estensione di Kyoto, ha approvato la visione europea, infatti Canada, Giappone e Russia sono tutti fermamente contrari.

Australia e Norvegia hanno presentato un piano congiunto per un nuovo trattato sul clima che coinvolge anche le nazioni in via di sviluppo e che scadrebbe nel 2015. Per evitare un vuoto normativo in azione – la paura chiave degli ambientalisti – la proposta australiano-norvegese chiederebbe a tutte le nazioni di tracciare le azioni a favore del clima da intraprendere negli prossimi anni, che diventano gradualmente più ambiziose fino a che l’opzione non sia per un trattato post-Kyoto.

Gli scienziati avvertono che le emissioni raggiungeranno il picco entro il 2015, temendo che in caso contrario, i danni da cambiamenti climatici avrebbero conseguenze irreversibili con le alluvioni in aumento, siccità e altri eventi meteorologici estremi.

 Gli Stati Uniti, il secondo più grande emettitore di CO2 del mondo, è stata l’unica nazione a non ratificare il Protocollo di Kyoto, l’ex presidente George W. Bush disse che era ingiusto verso i paesi sviluppati (gli obblighi che i PVS devono rispettare sono minori rispetto a quelli dei paesi industrializzati, i quali però inquinano molto di più). Anche se tecnicamente non fanno parte della dibattito su Kyoto, gli Stati Uniti sono rimasti fermi sulla loro posizione per cui accetteranno soltanto un accordo che include tutti i paesi.

“Potremmo prendere il nuovo accordo in considerazione solo se è davvero vincolante rispetto a tutti i principali attori, siano essi sviluppati o in via di sviluppo, comprese la Cina e gli altri”, ha detto prima dell’inizio dei colloqui Todd Stern, il negoziatore americano sul clima.
Il presidente Barack Obama si trova ad affrontare una forte opposizione sul cambiamento climatico dal partito rivale repubblicano, molti dei cui membri contestano che l’attività umana sta causando l’aumento delle temperature, in alcuni casi negando completamente l’esistenza dei cambiamenti climatici (tra questi il tanto discusso Tea Party).